Punto critico?
Siamo ad un punto critico della guerra in Ucraina? Proverò a sviluppare una tesi ipotetica, troppe cose non sappiamo per aver certezze e sebbene esplorerò una tesi, si potrebbero interpretare le stesse cose in altro modo. Il punto è: si inizia a pensare a come uscirne?
I fatti, almeno quelli pubblicamente noti. Biden, ad un fundraising a casa del figlio di Murdoch, ha detto: 1) siamo nella più grave crisi di rischio atomico dai tempi dei missili a Cuba; 2) conosco personalmente Putin, non scherza; 3) se in virtù di una sostanziale non vittoria sul campo sente minacciato il suo potere e si mette ad usare l’atomico tattico, da lì in poi è escalation senza via di uscita; 4) sto allora pensando quale potrebbe essere una via d’uscita.
Blinken ha rilanciato “noi siamo pronti a trovare una soluzione diplomatica, ma i russi vanno in direzione opposta”. I russi, nei giorni scorsi, hanno detto più o meno lo stesso, dal loro punto di vista. Alcuni sostengono che da tempo i due si parlano dietro le quinte e quindi quello che noi vediamo è schiuma quantistica sopra fatti ignoti. Se veramente di tratta, le dichiarazioni pubbliche vanno interpretate. Sono spiragli, tentativo di delimitare il campo, trattativa su come fare una trattativa, porre linee rosse che poi diventano rosa e svaniscono quando effettivamente si finisce al tavolo? Cos’è irrinunciabile per l’uno e per l’altro?
Alcuni hanno voluto leggere una nuova volontà di abbassare i toni da parte americana nel far uscire dichiarazioni CIA su NYT a proposito dell’attentato alla figlia di Dugin per colpa di una parte dell’establishment ucraino (c’è una parte trattativista ed una oltranzista com’è ovvio ci sia in questi frangenti?).
Altri hanno evidenziato il crescente fastidio americano per le continue richieste ucraine sempre molto pretendenti, oltretutto con una situazione sul campo che mostra una certa autonomia operativa ucraina, pare, non sempre gradita a Washington.
C’è anche chi ha osservato che l’uscita di Elon Musk, che ha fatto imbestialire Kiev, potrebbe esser pilotata.
Ieri abbiamo scritto una riflessione sul fatto che sta montando una forte insofferenza per l’annunciato Armageddon economico-finanziario planetario. Per ora si sono espressi a mezza voce cinesi, indiani, i 24 dell’Opec. Sempre ieri alla Commissione diritti umani delle UN è stata negata la proposta americana di istruire una indagine ufficiale per il maltrattamento degli uiguri da parte dei cinesi nel Xinjiang. Voti contrari su asse musulmano-africano ma con aggiunte asiatiche. La questione del missile di Kim ha portato i coreani del sud a spararsi un missile vero (armato) addosso, brutta performance.
Giorni fa, funzionari ucraini si sono lamentati con una certa disperazione per il fatto che l’Europa non fa arrivare i fondi promessi (notoriamente a Bruxelles non sono così disponibili quando si tratta di cacciare i soldi) e non promette bene anche per i mesi a venire. La macchina statale e bellica ucraina mangia miliardi al mese, poi c’è la ricostruzione e così sarà molto a lungo. Di contro, sappiamo l’Europa a cosa va incontro nei prossimi mesi e pensare di destinare congrui fondi alla guerra mentre qui imperversa freddo e disoccupazione, va oltre il realistico.
Sempre qualche giorno fa è uscito su Rep un interessante articolo di Franceschini, portavoce degli ambienti strategici americani. L’articolo riferiva delle preoccupazioni che circolerebbero nei pensatoi strategici americani, Atlantic Council e Carnegie Endowment, a proposito della possibile frammentazione della Russia sconfitta nella guerra con crollo del potere centrale e scomparsa di Putin. Nuovi stati e staterelli, alcuni “canaglia” (vedi Kadyrov, non a caso promosso da Putin l’altro giorno, della serie “se non vi piaccio io potreste sempre trovarvi un Kadyrov in futuro”), ma con l’atomica, un incubo.
Così, da qualche giorno, piovono articoli preoccupati sul fatto che Putin potrebbe sì perdere il potere con violenza, ma non da parte di amici liberali, da parte di gente ben peggiore di lui. Ora, dobbiamo salvare Putin per non andar di male in peggio?
In più, un enorme spazio di possibile allargamento dell’egemonia cinese ad est, nessun alleato nell’area su cui far perno per pilotare gli eventi. In verità, queste cose erano note da tempo ed erano solo metà della questione che invece prometteva anche molti vantaggi geostrategici per gli americani. Sintomatico però oggi si faccia uscire solo il lato preoccupante.
In più, va notata la montante paranoia nucleare qui in Europa ed in parte negli stessi US. Quanto è reale il rischio? Se è reale ma non così probabile, perché monta la paranoia? È un effetto amplificazione mediatica tipo paranoia da Covid su legge delle audience o c’è un interesse ad avanzare questa “causa di forza maggiore” per aprire ad un ripensamento del “credere, ubbidire e combattere” in auge fino ad oggi?
Che calcoli reali di sostenibilità economico, sociale e politica si stanno facendo a proposito dell’Europa ma a questo punto anche degli USA che vanno ad elezioni a novembre? Dopo la Svezia e l’Italia, si teme che ci saranno elezioni anticipate anche in Danimarca ed anche lì pare che la destra abbia significative ed inedite chance di vittoria. Ci sono state elezioni in Bulgaria domenica scorsa ed ha perso la parte europeista-liberale, si è affermato il centro-destra, ma si è formato anche un partito contro le sanzioni, stile Orban. Pare non riusciranno comunque a fare un governo, dovranno andare – credo la quarta volta- ad elezioni in breve tempo, ma la tenuta del fronte scricchiola in tutta evidenza. E quando Orban farà il tenuto referendum per chiedere “democraticamente” al popolo se supporta o meno le sanzioni e relativo peso, che succederà? E siamo solo ai primi di ottobre.
Ripeto, questa è una selezione di fatti, ce ne sono anche altri e di senso diverso. Questi stessi potrebbero esser diversamente interpretati. Però rimane il fatto delle dichiarazioni aperturiste di ieri di Biden e questo è una “prima volta”, di cui pender nota. Vedremo.
Putin si è arroccato con il suo piccolo bottino del suo 15-20% di territorio ucraino mettendoci sopra l’ombrello nucleare e dicendo “io mi accontento così, parliamo?”. Zelensky ha risposto portando a legge una sorta di impossibilità a trattare. Biden dice: attenzione perché quello mena se perde di brutto. Così i think tank paventano Balcani nucleari pieni di coatti islamici o siberiani assai pazzerelli.
L’America ha ottenuto molto, rilancio NATO in grande stile, Finlandia e Svezia (sempre riescano a soddisfare Erdogan, la questione è ancora appesa), cattura egemonica dell’Europa totale ed irreversibile almeno per qualche anno, vendita armi e shale per qualche anno, comunque una bella botta per i russi e con prospettive di sanzioni lunghe un bel tarlo che agirà nel tempo. In più sanno tutti che la vera partita strategica è in Asia. Quanto le costerebbe provare ad ottenere di più? Trattiamo?
L’ipotesi di pace (provvisoria). [Ragionamento ipotetico]
Nello scritto sopra abbiamo messo assieme un pacchetto di considerazioni, su fatti ed ipotesi, che andavano in direzione di una possibile de-escalation sul campo. Ho poi scoperto essere un “quasi-fatto” dato per tale da alcuni geopolitici televisivi, immagino meglio informati di me o meglio informati direttamente di ciò che circola in certi ambienti che io certo non frequento. Io mi limito ad osservare ed interpretare da lontano. Questo “da lontano” vale anche per coloro che non capisco bene perché, si sentono mobilitati fortemente in favore di questa o quella parte, come se quella parte fosse la “loro” parte. Comunque, un po’ di pathos ci sta, si comprende a livello ideologico, basterebbe non farlo tracimare.
Ad ogni modo. Questa ipotesi ci sia una trattativa su come trattare tra russi ed americani, è stata ripresa da più parti ed a questo punto la si potrebbe ritenere non un wishful thinking, ma qualcosa che siccome “circola” senza grandi contrasti, evidentemente ha dei fondamenti.
In tal senso, la attesa reazione russa all’attentato al ponte dirà del suo stato. Se i russi saranno poco meno o almeno proporzionati, vorrà dire che la cosa ha sostanza, se eccederà di un po’ vorrà dire che ha sostanza ma tende ad incagliarsi, se sarà amplificata vorrà dire che le cose non vanno bene.
Vediamo però di ragionare sul proseguo dell’ipotesi.
1. Una trattativa sarà più che altro una possibile sospensione del conflitto. Sospensione che sarà poi interrotta tutte le volte che una parte vuole forzare in un senso o mandare un messaggio di intransigenza. Una trattativa non porterà pace soluta, porterà solo de-escalation sul campo e raffreddamento relativo del conflitto.
2. Ciò perché il numero di variabili che debbono andare a posto per dirsi pace firmata, sono innumerevoli e le parti, soprattutto russi ed ucraini, partono da posizioni assai lontane ed inconciliabili.
3. In ordine di rigidità, gli US hanno conseguito almeno metà dei propri obiettivi ovvero la cattura egemonica completa dell’Europa (inclusa nuova clientela per shale ed armi), compattamento NATO e l’irreversibilità (per qualche anno) della rottura di relazioni UE con la Russia oltreché qualche danno alla stessa Russia.
4. I russi hanno conseguito anche loro poco più o poco meno dei loro obiettivi in termini di territorio. Sul resto ovvero la normalizzazione dell’Ucraina in termini politici e militari, la questione sarà sospesa per un bel po’. Hanno anche pagato dei prezzi, ma penso li abbiano messi in conto nella strategia iniziale.
5. Per gli ucraini il discorso è complesso. Ci sono almeno tre problemi: a) la perdita (provvisoria) di un 15-20% di territorio che vale. Si poteva dare per perso comunque il Donetsk ed il Lugansk, meno la zona di Zaporizhzhya e Kherson; b) per “resistere”, il governo di Kiev ha dovuto militarizzare la popolazione, accendere gli animi, dar libero sfogo ai nazionalisti. Sarà molto difficile ora riportarli al guinzaglio. Dato il blackout informativo sullo stato politico, sociale ed economico interno all’Ucraina, non sappiamo del livello delle contraddizioni interne che però si possono immaginare molto alte anche se sopite dal momentaneo allineamento a difesa della propria nazione con sopra la legge marziale; c) il problema più grosso e complesso è un misto di questioni geopolitiche ed economiche. Chi e cosa garantirà il futuro ucraino stante l’impossibilità che i russi accettino la sua integrale entrata nella NATO? Chi, come e quanto si farà carico della ricostruzione di una Paese già ai minimi termini prima della guerra e con oggi danni materiali ed immateriali enormi, più qualche milione di profughi prima o poi da rimpatriare? Questo secondo punto è anche più difficile da risolvere del primo.
Per gli ucraini i tre punti sono collegati. Possono accettare di lasciarti dei territori o parte di, ma in cambio cosa ottengo e non cosa ottengo dai russi, cosa ottengo dall’Europa e dagli USA? Cosa ottengo, valutato da chi? Ovvero “cosa ottengo” per il governo in carica, ma anche cosa ottengo come classe impreditorial-oligarchica e soprattutto “cosa ottengo” per le frange più estremiste e belliciste? Qui oltre alla cosa in sé c’è il problema della vendibilità di certi accordi, come ogni parte può sopravvivere ad eventuali concessioni, ognuno a cascata ha qualcuno più scontento che può impuntarsi, cosa che renderebbe molto problematica una trattativa. Se si mina l’equilibrio interno ovvero si mette in difficoltà l’attuale dirigenza, c’è sempre il rischio ci possa trovare con una più intransigente, il colpo di stato militar-nazionalista dopo un conflitto del genere è rischio certo. A meno non vi sia una contro-parte più votata al “puntiamo ad ottenere il massimo e diamoci un futuro normale”. Ma anche in questo caso il rischio di conflitto civile per parti imbottite di armi è dietro l’angolo.
La variabile territori, non del tutto ma in parte, potrebbe esser mediata da US-NATO-EU direttamente con i russi muovendo la leva de-sanzionatoria, in senso parziale ovvio. Sulla protezione militare o meglio garanzia di protezione dissuasiva una ripresa del conflitto, l’accordo è più semplice, si era già quasi trovato ai primi tentativi di colloquio tra le parti. Il “referendum legale” proposto da Musk (ovviamente Musk ripeteva ipotesi che girano in certo ambienti americani, sappiamo come i destini personali di Musk siano collegati alla macchina militar-aerospaziale di Washington, certo Musk non ha tutti i miliardi che spende e spande in missili e satelliti perché ha venduto un sacco di automobiline elettriche) è una possibilità. Nei fatti, soprattutto nel Donetsk e Lugansk, sono rimasti solo coloro che vedono con favore o non con sfavore l’annessione russa, far tornare indietro quelli scappati la vedo molto complicata. Un “referendum legale” è ciò che serve a tutti per mettersi al riparo da critiche interne ed esterne. I russi dovrebbero rivedere un punto della loro Costituzione per rimettere in giudicata l’annessione, ma anche qui dipende da cosa otterrebbero in cambio. Sulla Crimea si può accettare il dato di fatto al di là dei proclami.
Ma, ripeto, il nucleo delicato e decisivo della questione, dopo i territori, è nei soldi. Come ogni altro caso nelle crisi di società moderne, pioggia di soldi o meno lenisce molte ferite. C’è qualche altra decina di punti da quadrare, dagli equilibri sul Mar Nero alla interposizione di forze terze ai confini reciproci, dalla relativa normalizzazione o meno delle relazioni dirette tra russi ed ucraini alla revisione interna di leggi e costituzioni. Ma paradossalmente, più punti ci sono meglio è in quanto una trattativa con molti punti permette più flessibilità nel gioco “ti do, mi dai”.
I soldi da dare all’Ucraina andrebbero sostanzialmente considerati come “a fondo perduto”. Molto improbabile riceverne il saldo, l’Ucraina era una economia ai minimi termini prima della guerra e la perdita di buona parte delle industrie nelle zone occupate ed annesse da Mosca certo non ha migliorato le cose. Ricordo un discorso fatto da Zelensky un paio di mesi dopo l’inizio del conflitto, il quale citava il “modello Israele” ovvero un paese pronto al conflitto permanente e perciò votato alla ricerca avanzata soprattutto in ambito digital-tecnologico. Forse un sogno dell’élite più giovane ed liberal-cosmopolita di Kiev che circonda il soggetto Z, non so come questo potrebbe far quadrare i conti per un Paese che comunque ha tra 30-40 milioni di persone, in media, povere. A riguardo, “amici dell’est europeo” ed anglosassoni sarebbero senz’altro disponibili anche per ampliare influenza e delocalizzare a basso costo. Qualcosa si può scaricare su casseforti int’li come IMF-WB, inclusi cinesi ed indiani chiamati a fare meno gli “indiani”. Temo però che la richiesta di soldi e riconoscimento sarà per lo più scaricata sull’Europa e non so dire quanto l’Europa potrà credibilmente farsene carico.
Semmai così andasse, US e Russia avrebbero ognuna preso il proprio come si conviene tra potenze, la prima più dei secondi ma, ripeto, credo sia stato previsto date le condizioni di partenza o meglio quelle questioni invisibili ai più che stavano per stritolare geo-militarmente la Russia ed a cui la Russia non ha potuto che reagire. Il saldo eventuale per l’Ucraina o forse solo per l’attuale élite ucraina, sarà da calcolare a bocce ferme. Sicuramente chi alla fine avrà il bilancio più negativo sarà l’Europa.
Dal che il mio sconcerto nel vedere tanti prodi tifosi per guelfi e ghibellini visto che nei fatti siamo tutti iscritti di dovere nel sistema che pagherà il prezzo più alto. Del resto, se mediamente ci fosse stata -non dico tanto ma- almeno un minimo livello di comprensione di ciò che stava succedendo, non certo quello che hanno raccontato stava succedendo, le cose sarebbero andate diversamente sin dall’applicazione degli accordi di Minsk.
La stupidità costa, costa morti, migranti, sofferenze, distruzione materiale, ferite materiali ed immateriali ed un sacco di soldi, di restrizione delle condizioni di possibilità per lo sviluppo delle nostre forme di vita associata. Ma tanto tutto ciò lo stupido non lo sa altrimenti non sarebbe stupido.