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Punto e Virga: «Il Putinismo, malattia senile del sovranismo»

Se l’Unione Sovietica aveva sempre potuto contare, fin dagli inizi, su una capacità di proiezione politica e culturale all’estero, attraverso l’azione dei Partiti comunisti, membri del Comintern (e poi del Cominform), la Federazione Russa, invece, si è trovata in una posizione di maggior debolezza anche dal punto di vista del soft power, quantomeno verso l’Occidente, dove molti Paesi sono ancora fortemente legati alla prospettiva della Guerra Fredda, per motivi di competizione geopolitica (come in Gran Bretagna e Stati Uniti) o di nazionalismo autoctono (come nell’Europa centro-orientale). Al riguardo, ha pesato anche l’assenza di un sistema ideologico articolato come poteva essere il comunismo sovietico. Per questo motivo, la propaganda di Stato russa, interna ed esterna, si è concentrata sulla figura di Vladimir Putin come leader carismatico, capace di riportare la Russia ad uno status di superpotenza.

In Italia, questa propaganda ha trovato, negli ultimi vent’anni, terreno fertile, sia a sinistra – dove persiste una forte componente d’opinione post-comunista o neo-comunista d’orientamento antiamericano e filosovietico –, sia a destra – dove i legami personali con Berlusconi e la narrazione della Russia come modello di società tradizionale hanno avuto un forte impatto. Inoltre, gli storici legami diplomatici ed economici tra Italia e Russia, mantenuti perfino durante il fascismo, e particolarmente forti nel XXI secolo, specie nel settore energetico, hanno influito fortemente in questo senso. In particolare, il “fare come la Russia”, un tempo riferimento alla Rivoluzione bolscevica, è diventato ora quasi uno slogan per quelle frange politiche, definibili come “sovraniste”, che hanno rivendicato maggiore autonomia e sovranità nazionale rispetto alla UE e agli Stati Uniti, a destra come a sinistra.

Tuttavia, questa mitizzazione di Putin e della Russia si fonda su tutta una serie di luoghi comuni, fallacie ed errori di prospettiva, di cui occorre sbarazzarsi, se si vuole intendere la politica in senso più concreto e profondo, che non siano i discorsi da bar, sui social come in piazza.

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